RENE' MAGRITTE: L'USO DELLA PAROLA


Ceci n'est pas une pipe (1929)
pas une pipe

Tra i numerosi dipinti realizzati negli anni trascorsi a Parigi (1927-1930), parecchie sono le opere in cui compaiono parole. Una pipa perfettamente disegnata è accompagnata dalla scritta "ceci n'est pas une pipe".

L'affermazione è di una assoluta incoerenza e perciò disarmante: le immagini degli oggetti rimarranno sempre immagini, e per quanto simili a essi non potranno mai rappresentarli in pieno. Linguaggio e immagini sono assunti dunque come veri e propri sistemi strutturati secondo proprie leggi. Attraverso un'acuta analisi, l'artista arriva a dimostrare le ambiguità del linguaggio e come le immagini funzionino allo stesso modo delle rappresentazioni verbali.

Il pensiero di Magritte sembra così collegarsi alle ricerche letterarie di Rimbaud, alle sperimentazioni dadaiste e futuriste e, soprattutto, mostra sorprendenti analogie con gli scritti elaborati negli stessi anni da Wittgenstein. Entrambi infatti concorrono a definire il carattere relativo dell'uso che facciamo delle parole.
Magritte però era prima di tutto pittore e le sue analisi sulle parole e sulle immagini sono sempre state strumentali alla definizione della sua pittura.
Di fatto, solo negli anni Sessanta Magritte legge "Le parole e le cose" di Michel Foucault, scoprendo così la connessione profonda tra la sua ricerca e la linguistica. E lo stesso Foucault dedica un fondamentale saggio alla pittura di Magritte nel quale dimostra la forza di rottura dell'opera del pittore nei confronti della tradizione ormai plurisecolare che stabiliva un legame indissolubile tra verosimiglianza e rappresentazione.
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Nel corso del tempo, Magritte elabora dunque un vero e proprio sistema teorico ed estetico tanto che quando, nel 1938, è chiamato dal Musée des Beaux-Arts di Anversa a tenere una conferenza, indica con chiarezza gli intenti e i mezzi della sua poetica: "La creazione di nuovi oggetti; la trasformazione di oggetti noti; il mutamento di materia di certi oggetti: un cielo di legno, per esempio; l'uso delle parole associate alle immagini; la denominazione erronea di un'immagine; la rappresentazione di certe visioni del dormiveglia, furono a grandi linee i mezzi da me usati per costringere gli oggetti a divenire infine sensazionali".
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Aggredire il reale e "fare urlare gli oggetti", estraniarli per svelare un nuovo ordine oppure legare fra loro figure e oggetti in modo inconsueto, contraddire le immagini con le parole sono gli strumenti di una pittura intesa prima di tutto come provocazione intellettuale, incitamento a rompere gli schemi abituali del pensiero, perché "il valore reale dell'arte dipende dalle sue capacità di rivelazioni liberatorie".